Buon compleanno

È il tuo giorno migliore. Sei venuta al mondo, gli occhi hai rivolto al sole, e quell’angolo di silenzio è diventato subito cielo. Poi gli anni sono cresciuti, le mani diventati sentieri, gli occhi rivoli di mare, e tu, con loro, forma di un pensiero. Eri, tu davvero, come le cose che devono essere e non importa, non conta, perché. Ed hai accompagnato i miei giorni, le mie notti, i miei sospiri, e questi mai saranno abbastanza per comprendere il fremito di te. Ché l’idea di te era un dono umano, candido come un richiamo, una vita che nasce, ch’ho amato solo e soltanto per l’assenza.

Auguri, ovunque tu sia.

© Antonio Leone

I suoi occhi vidi nascondersi

I suoi occhi vidi nascondersi e presto chiudersi per l’imbarazzo. Non aveva più fiato in gola. Così, piano, le presi le mani, fragili come fogli di carta al vento e le dissi che sì, le mancavano le parole e tutta la voce, ma la bellezza era assai più grande perché nel silenzio.

Di quel che accadeva al suo viso, a lei.

© Antonio Leone

Sorridere, mi pareva

Sorridere, mi pareva, l’unica cosa sensata. L’unica parte da imparare senza copione. Come quando hai freddo, ti geli e inizia il lamento. Era come mettere al mondo un figlio lungo le labbra. Lo tieni stretto, quel piccolo, nudo e indifeso: senza paura di lasciarsi andare. Così sorridere mi pareva l’unica cosa seria per dimenticare.

Non bastava.

© Antonio Leone

Erano giorni

Erano giorni che volevo scriverti.
Giorni senza tempo, passati in piedi a comparire, da qualche parte, ovunque altrove, a chiedere indicazioni, spiegazioni, per andare poi dove? Giorni in cui c’era solo caldo, assenti folate di vento, niente calore custode dei corpi, solo interminabili sedute di attese.
Erano ogni volta uguali, ore morte dell’anima.
Mi rimaneva solo inventare,
come decorarti il viso di perle.
Uno squarcio tra le tue labbra,
il bianco dei tuoi denti.

© Antonio Leone

Amare voleva dire te

Amare voleva dire te, come quando si usa il vocabolario e alla voce del verbo amore trovi nome e cognome.
Amare voleva dire sapere, quello ch’era importante e che contava per te. Forse erano sette gli anelli che portavi, o erano sei e magari uno ancora non lo avevo notato. C’era troppo da guardare, troppe cose da imparare e non potevi pretendere che fossi così attento a tutto. Avevo tutta la vita davanti per scoprirti, ed era la cosa migliore: sapere che potevo ogni giorno prendere qualcosa di nuovo da te.
Non eri mai abbastanza, mai poco, ma solo il mondo senza confine nel quale io volevo continuare a vivere.

© Antonio Leone

Ti ho vista stirare

Ti ho vista stirare, curare, la mia camicia sgualcita.
Ti ho visto addolcire, col ferro, le pieghe lasciate dall’acqua, e m’è sembrato di sentirti, ch’eri corpo e mi stavi toccando_ il collo, un braccio, un altro, il risvolto, la schiena, fino al midollo. Le tue mani mi erano addosso, calde, scivolose, sapevano com’era fatto il mio corpo, ci guardavano dentro, in ogni angolo sapevano riconoscerlo.
Ti ho vista stirare, prenderti cura di me.

© Antonio Leone